L’onore alla giustizia in «Qualunque cosa succeda»

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L’onore alla giustizia in «Qualunque cosa succeda»

di Nancy Censabella

Tratto dal libro di Umberto Ambrosoli, figlio dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, Qualunque cosa succeda è un film biografico che racconta la storia, nel mix di pubblico e privato, dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, incaricato dalla Banca D’Italia di liquidare la Banca Privata Italiana alla quale il banchiere siciliano Michele Sindona aveva dato una gran ragion d’essere, seppur, in modo illegale. Sindona, interpretato da Massimo Popolizio, attore con una notevole carriera cinematografica alle spalle, rappresenta nel film l’uomo d’affari ricco e di fama, che per l'appunto dopo un periodo di grande successo in Italia e all’estero, specie nei paradisi fiscali, si ritroverà (e con lui tutte le banche di cui è padrone) nel bel mezzo di un crack finanziario, con l’accusa di bancarotta fraudolenta.

Un ritorno al passato di oltre 40 anni: il film è la narrazione della vicenda che vede coinvolti, oltre al banchiere Sindona, l’avvocato Ambrosoli e altre grandi personalità che operano nei circoli della finanza e della politica, ma anche Mafia e Vaticano, e tra questi saltano fuori anche i nomi di Enrico Cuccia e Giulio Andreotti.

Il titolo, Qualunque cosa succeda, è tratto da una frase della lettera che l’avvocato Ambrosoli scrisse alla moglie dopo aver ricevuto continue minacce che lo spingevano, prima per mezzo della corruzione, alla quale non cedette mai, poi addirittura con intimidazioni di morte, a lasciare il caso Sindona. Lo scopo delle intimidazioni era salvare le banche dal fallimento e occultare lo scandalo in cui il banchiere, ormai legato alla malavita, era caduto.

«Anna carissima, è il 25/2/1975 e sono pronto per il deposito dello stato passivo della BPI (Banca Privata Italiana, ndr) […] È indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il Paese […] Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto».
È chiaro come in un’Italia degli anni '70 e '80, gli “anni di piombo” qualcuno direbbe, è duro accettare il compito di commissario liquidatore di una delle più grandi banche che operano sul territorio nazionale; ma duro, tanto quanto valoroso fu per Ambrosoli, che nonostante fosse consapevole dei rischi a cui andava in contro, non mollò mai gli ideali di giustizia e di libertà, portando avanti il lavoro che gli era stato affidato, fino al giorno della sua morte, ucciso dallo stesso Sindona, per mezzo di un sicario che gli si presentò quasi addirittura scusandosi prima di freddarlo.

Con la regia di Alberto Negrin, sceneggiatura di Andrea Porporati, la storia raccontata da Umberto Ambrosoli si fa film; lui stesso, dopo aver affermato di aver avuto alcune perplessità riguardo alla realizzazione della pellicola, si ritiene contento del fatto che la storia del padre Giorgio, attraverso la televisione, possa raggiungere un numero maggiore di persone. Con questo, dunque, la speranza di una riflessione, su una realtà non molto distante da quella in cui si ritrova la società odierna, dominata da corruzione, circoli illeciti, minacce all’onestà e alla giustizia, che coinvolgono non solo le banche e il sistema finanziario, ma anche tutto il sistema politico e religioso; una speranza che possa magari, in futuro, servire a “comportarsi meglio”.